“La rinuncia è un suicidio quotidiano” diceva Honoré de Balzac: la mancanza di volontà, di iniziativa, di voglia di fare, nelle forme più gravi di depressione, portano infatti la persona alla “morte apparente”, poiché arrendendosi, smette di partecipare attivamente alla propria vita.
La depressione, come disturbo dell’umore assai diffuso nel mondo occidentale, può rappresentare una condizione esistenziale cronica, o comparire a seguito di delusioni, perdite o insuccessi, in cui l’individuo si imbatte nel corso della propria esistenza.
La condizione del depresso è spesso una delusione per il mancato raggiungimento di un obiettivo che si era illuso di poter raggiungere, sia esso un problema da risolvere, o il risultato di una frustrata aspettativa sugli altri, su sé stessi o sul mondo.
La ricerca effettuata al Centro di Terapia Strategica da G. Nardone ha permesso di individuare quali siano le tentate soluzioni del depresso.
La persona depressa si sente vittima di un qualcosa che non può combattere e superare, ragion per cui, rinuncia. Il fare la vittima e la delega agli altri sono le altre tentate soluzioni che alimentano anziché risolvere il disturbo stesso.
Con queste persone un atteggiamento consolatorio, come il cercare di sdrammatizzare una situazione da loro vissuta come altamente dolorosa non funziona ma aggrava e amplifica le loro sensazioni.
Il focus del mio intervento è quello di schiodare la persona dalla posizione di vittima e farle sentire come, essenzialmente, la rinuncia sia un “suicidio quotidiano”.