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Anoressia Giovanile

L’anoressia è un’armatura indossata per difendersi che si trasforma in una prigione dalla quale la giovane non sarà in grado di evadere da sola.

Oltre alla paura di ingrassare queste ragazze hanno una fragilità emotiva molto marcata. L’astinenza dal cibo messa in atto inizialmente per dimagrire diviene, col tempo, la loro tentata soluzione, per difendersi da una realtà per loro minacciosa e travolgente, è l’astinenza, non solo dai piaceri della tavola, ma da tutte le sensazioni piacevoli, perché troppo intense, di fronte alle quali si fa paura di perdere il controllo.

Oltre l’astinenza sensoriale ed emotiva, che rimane l’aspetto decisamente più determinante e significativo, queste ragazze, riuscendo molto in ciò che alla maggior parte delle persone resta piuttosto difficile, si sentono molto più brave degli altri proprio perché sono in grado di controllarsi senza nessun sforzo, inoltre riescono ad ottenere indiscutibilmente tutta una serie di vantaggi secondari, in particolar modo dal nucleo familiare, ovvero attenzioni e affetto, che temono di non arrivare a guadagnarsi mediante le proprie personali capacità.

D’altra parte, i genitori e le persone più vicine, armate delle miglior intenzioni, per carcare di aiutare la ragazza mettono in atto delle tentate soluzioni disfunzionali, come ad esempio, insistere sul farla mangiare.

L’intervento  strategico è mirato alla rottura degli schemi psicologici e relazioni irrigiditi che alimentano la patologia.

La terapia prevede, per la persona anoressica, una lenta e graduale “rieducazione alle sensazioni piacevoli che tanto spaventano”. Nello specifico prevede un lavoro minuzioso ed attendo sul piacere del cibo in maniera tale che la persona sperimenti ciò che sino ad allora è stato vissuto come proibito e troppo perturbante assieme alla capacità di gestire queste sensazioni senza dover cadere, per forza, sulla totale perdita di controllo.

Data la grande complessità del disturbo è essenziale che il terapeuta usi manovre suggestive, stratagemmi, ristrutturazioni per aggirare le rigide resistenze al cambiamento. Soprattutto nella fase iniziale è necessario “catturare suggestivamente” la ragazza, ricalcare le sue modalità percettive ed espressive, amplificando enfaticamente la sua visione della realtà. Per esempio, se la ragazza si lamenta di essere brutta e insignificante, si può replicare: “è vero, sei proprio uno scarabocchio da cancellare e rifare daccapo”. Si evitano forme di convincimento per portarla a mangiare, mostrando invece l’accettazione e apprezzamento per la sua scelta. Nella fase iniziale inoltre è fondamentale la partecipazione dei familiari con l’obiettivo di intervenire rompendo il loro essere ostaggi della figlia.

Quando avviene lo sblocco, il terapeuta deve tenere sempre una comunicazione analogica, ricca di ristrutturazioni, metafore, immagini calzanti con la logica della paziente per andare a lavorare sia sul piacere, sulla costruzione di relazioni che sulla femminilità della ragazza, guidandola in questo modo al recupero di sensazioni e di emozioni prevalentemente legate al piacere e al piacersi.

Nella fase del consolidamento e della chiusura invece si usa un linguaggio più indicativo e descrittivo per dar maggior spazio alle risorse acquisite dalla ragazza portandola ad uscire maggiormente e a trovare nuovi piaceri nella sua vita.

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